Fino all’inizio del XVII secolo, le osservazioni del cielo venivano compiute a occhio nudo. Le osservazioni astronomiche si limitavano a cercare di conoscere con la maggior precisione possibile le posizioni dei corpi celesti. L’occhio permette di stimare la distanza di oggetti vicini, ma l’osservazione si complica quando si vogliono osservare stelle o pianeti. Le potenzialità dell’occhio aumentarono in modo modesto con cannocchiale quando, nel 1609, Galileo Galilei (1564-1642) mise a punto un cannocchiale, precursore del telescopio astronomico.
Egli riuscì tuttavia a osservare particolari fino ad allora sconosciuti, quali il rilievo lunare, le macchie solari, le fasi di Venere, i quattro maggiori satelliti di Giove; scoprì, inoltre, che la Via Lattea è formata da numerosissime stelle.
In un telescopio (dal greco téle , lontano, e scopéo, guardare) , un dispositivo ottico, l’obiettivo, raccoglie la luce degli oggetti celesti e la focalizza in un punto, costruendone così l’immagine; questa viene osservata attraverso l’oculare, oppure viene raccolta su una lastra fotografica o un dispositivo elettronico. Vi sono due categorie di telescopi, in funzione del tipo di obiettivo: rifrattori e riflettori.
Nel telescopio rifrattore, strutturalmente simile a quello usato per la prima volta da Galilei, l’obiettivo è costituito da due lenti (uno svantaggio è che non si possono utilizzare lenti con diametro molto grande).
Nel telescopio riflettore, inventato da Newton (1642-1727) come obiettivo si usa uno specchio concavo (meno costoso, perché più facilmente realizzabile) e i raggi luminosi da esso riflessi vengono raccolti da uno specchio secondario, che li invia all’oculare o agli strumenti di analisi della luce. La nostra pupilla ha un diametro di pochi millimetri e raccoglie una quantità di energia molto limitata. Grandi specchi sono in grado di catturare una quantità di energia enormemente maggiore e ciò consente l’individuazione di oggetti celesti che, a causa della loro grande distanza, non sarebbero individuati (per esempio, il telescopio di Monte Palomar, negli Stati Uniti, può osservare la luce di stelle un milione di volte più deboli di quelle osservabili a occhio nudo).
L’ingrandimento di un telescopio cresce con la distanza focale dell’obiettivo; le stelle, tuttavia, appaiono sempre come oggetti puntiformi. L’ingrandimento è una proprietà che entra in gioco quando si osservano sorgenti estese (pianeti). All’astronomo interessa poter “separare” due stelle molto vicine tra loro. Questa caratteristica, detta potere risolutivo del telescopio, dipende dal diametro dell’obiettivo e cresce con le sue dimensioni. La terza qualità è la luminosità, cioè la capacità di scorgere oggetti molto deboli, che aumenta al crescere del diametro dell’obiettivo.
Oltre che nella banda della luce visibile, il cosmo ci invia messaggi su tutte le frequenze dello spettro elettromagnetico (raggi gamma, X, ultravioletti, infrarossi, onde radio ecc.).
Oggi un ruolo importantissimo in astronomia, astrofisica e cosmologia è svolto dall’osservazione nei raggi X e gamma e dall’uso dei radiotelescopi, che appaiono come gigantesche antenne di forma parabolica che raccolgono le onde radio emesse dai corpi celesti e le indirizzano su un ricevitore, e il segnale ricevuto viene amplificato e analizzato. Se con i telescopi si arriva a distanza di qualche miliardo di anni luce, i radiotelescopi estendono questa capacità oltre 10 miliardi di anni luce. La radioastronomia ha permesso la scoperta di oggetti celesti come quasar e pulsar.
Effetti dell’atmosfera sulle osservazioni astronomiche
L’osservazione di un astro con un telescopio da Terra è soggetta a perturbazioni da parte dell’atmosfera terrestre.
L’atmosfera produce una deviazione angolare progressiva dei raggi luminosi provenienti da una sorgente celeste. È come se la traiettoria della luce fosse curva (ne risulta che l’osservatore vede l’astro a un’altezza maggiore di quella reale).
Quando un raggio di luce attraversa l’atmosfera terrestre, viene parzialmente assorbito dalla massa d’aria in cui transita. Tale fenomeno è tanto più accentuato quanto più è ampio l’angolo zenitale (angolo fra la linea di zenit e il tragitto del raggio luminoso). La turbolenza atmosferica limita le prestazioni dei grandi strumenti astronomici.